Fortunatamente, al contrario di quanto pensava Camus (1913 – 1960), esistono creature speciali che sono felici di ottenere un “contagio” di anime e ne escono migliori a loro volta. Giuro che esistono, ne ho la prova, ma bisogna essere molto fortunati ad incontrarle.
Lo scrittore e filosofo premio Nobel per la letteratura però non catalogava queste rare gemme dell’umanità, bensì la massa vacua che procede ciecamente verso un destino fatto di assurdo, di alienazione, in cui l’accezione sartriana che recita “l’enfer c’est les autres” (l’inferno sono gli altri) condanna l’individuo ad una solitudine circondata da uno spleen di baudeleriana memoria.
Camus considera come compagni di un viaggio attraverso la nausée (nausea) della vita, ispirata dallo stesso Sartre, gli individui massificati a cui lo spirito si è rattrappito, i bigotti, gli inseriti, i giudici eletti… Loro non si mischiano a uomini e donne privi della medesima maschera..
“Troppa anima”… È senz’altro una malattia grave secondo loro. Come può curarla la società se non etichettandola come si conviene. Non esistono radiografie per diagnosticare questa sovrapproduzione di spirito… Quindi non resta che una definizione empirica: è “malattia mentale”. Ah che sollievo. Il paziente è catalogato. È inguaribile. Ma si può cercare di distruggerne l’anima visto che coincide con la patologia.
Resiste alla cura… Allora è anche autolesionista. Alzate le dosi.
Sara Albanese