Perché amiamo Alda Merini? Perché sentiamo i suoi versi come un incendio wagneriano che purifica tra le fiamme e ci trasforma l’anima in carne?
Perché questa donna, attraverso il dolore, la crescita, l’amore, l’imperfezione, la gioia, la colpa, fu condotta nell’unico luogo in cui l’essere umano può essere catalogato dal suo omologo mediocre: la pazzia.
Dopo aver conosciuto una vita da senzatetto e l’esperienza aberrante del manicomio con tutti i trattamenti dell’epoca, dall’elettroshock alle docce gelate, Alda Merini ci insegnò che vale comunque la pena di vivere. Di vivere un’esistenza fatta di sentimenti, di corporeità anche imperfetta, di parole che trascendono se stesse, di poesia intesa come ineffabile materia dell’essere… Vera identità di un uomo o una donna che vivono oltre. Nel luogo dove gli alberi prendono vita, la notte. Quelle betulle apparentemente fragili ed in realtà stupefacentemente resistenti nella loro flessibilità che possono nascere nei crepacci in cui la vita incastra lo spirito, ma che ancora crescono, affondano radici e sanno poi sfilarle dal terreno per danzare sopra le sterili malinconie di un mondo arreso al nichilismo, incapace di soffrire se non al prezzo di rinunciare all’amore ed alla gioia.
Spesso troviamo citati versi di Alda che ci dicono di non cercare di afferrare un poeta perché sfuggirà tra le mani… Perché quando si tenta di costringerlo egli è già altrove… Perché lui stesso si sta cercando e non si trova più.
Come uccelli, come usignoli pronti a morire sono i poeti, che volano in alto, cantano le note più belle, ma nel loro cinguettio distinguiamo l’allegria dei toni ed il coraggio di elargirla nonostante una consapevolezza costante di morte. Essa non preclude la gioia ed è proprio qui la grandezza di Alda, poetessa irredenta. Danzano con lei gli alberi oltre le proprie radici, amano e ridono con lei i “pazzi” che sono ritenuti le creature più vere… Mentre nel bigotto giudizio che incatena le radici delle betulle alla terra risiede la vera follia, la morte non scelta dalla natura e accolta con spregiudicata gaiezza, bensì quella dello spirito, prigioniero nella camicia di forza della mediocrità.
Sara Albanese
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Troviamo Alda Merini anche nel mio saggio introduttivo di ControVersi